La relazione col bambino………l’autostima dell’adulto!
Pubblicato in data 19/04/2022
Spesso negli adulti i problemi connessi all’autostima sono i risultati delle relazioni che si sviluppano con le figure genitoriali durante l’infanzia.
Per il bambino durante il periodo dell’infanzia è importante un’adeguata comunicazione: sia dal punto di vista educativo, per la trasmissione di valori e per percepire le figure genitoriali come “porto sicuro” nel processo di attaccamento, sia per l’esplorazione del mondo esterno, sia come sviluppo funzionale della personalità e dell’autostima.
Nell’esperienza del problem solving ad esempio, spesso i genitori offrono direttamente soluzioni al bambino senza ascoltarlo attentamente, credendo che quello che è “giusto” per loro lo sia anche per lui.
L’ascolto da parte dell’adulto, nel periodo dell’infanzia, si può considerare lo strumento fondamentale attraverso il quale i genitori costruiscono col bambino una comunicazione efficace. Essere ascoltato innanzi tutto consente al bambino di sentirsi riconosciuto come persona all’interno del nucleo familiare e quindi si sente identificato come “soggetto indipendente”, consentendogli poi di sviluppare un sistema di relazioni sociali adeguate anche al di fuori del sistema familiare.
Nella relazione con l’adulto di riferimento il bambino avverte inevitabilmente questa figura come predominante rispetto a lui, quindi è importante che l’adulto si metta al livello del bambino per comunicare con lui, attraverso la comunicazione verbale (stimolarlo a parlare, porre domande, ecc), ma anche con la comunicazione non verbale (ascolto attivo, atteggiamenti, espressioni ecc.), evitando di impartirgli consigli come soluzioni dirette, che a volte possono sembrare anche imposte, perché è proprio in queste occasioni che potrebbe essere compromessa la sua autostima, minando così lo sviluppo di una personalità adeguata nel costruire relazioni sociali.
L’essere troppo protettivi impedendo al bambino di formulare delle scelte senza nemmeno ascoltarlo o senza spiegargli come mai la sua scelta non è adeguata ed evitando di farlo ragionare, può risultare sempre più semplice e sicuro per l’adulto formulare una scelta “imposta” da lui. Così facendo non solo si rischia di andare ad interferire sulla sua capacità di imparare a scegliere ma anche su un suo sviluppo armonioso verso la propria autonomia e verso una vita serena e felice.
È chiaro che il comportamento del genitore in questi casi è normalmente finalizzato, al benessere del figlio e la condotta del genitore spesso è guidata da un ragionamento apparentemente lineare: pensare che questo e mio figlio fa pensare che è uguale a me!
Questa “equazione” irreale purtroppo trae in inganno e può far commettere gravi errori, ferme restando le buone finalità del genitore.
I nostri figli ci assomigliano sicuramente ma non sono uguali a noi. Possono avere aspetti caratteriali simili; ma non uguali!
È con questa consapevolezza che è importante che il genitore si relazioni col figlio, proprio come persona diversa da lui e per comprendere com’è una persona diversa bisogna conoscerla e per conoscerla bisogna anche “ascoltarla”.
Pensiamo per un attimo a noi stessi: “quando comunichiamo con un'altra persona ed esponiamo un nostro problema, ci serve più essere ascoltati e capiti oppure ci serve la soluzione offerta dal nostro interlocutore?”
Ci servono le soluzioni degli altri oppure ci serve che gli altri ci aiutino a trovare le nostre soluzioni?
Tralasciando un fatto che non è di poco conto e cioè che quando noi comunichiamo con gli altri normalmente sviluppiamo una comunicazione “simmetrica” cioè alla pari, tra adulti e questo ci mette già più a nostro agio nella relazione! I figli spesso non vivono questa situazione quando si relazionano con i propri genitori.
Genitori non si nasce si diventa, quindi noi agiamo con gli strumenti che ci sono stati dati e che abbiamo acquisito con le esperienze della vita fatte fino a quel momento.
La paura di sbagliare purtroppo spesso ci fa sbagliare! Ascoltare un bambino che è nostro figlio, ci può fare paura per non essere sicuri di saper rispondere alle sue domande o per non essere sicuri di rispondere in maniera soddisfacente, paura di perdere la sua stima, quindi risulta più semplice presentarsi in maniera imponente e “impedirgli” di chiedere troppo o di esplorare la realtà secondo i suoi desideri che per noi potrebbero essere incomprensibili e quindi farci sentire inadeguati al confronto.
Ricordiamo che i nostri figli ci amano e questo è un punto fermo e sicuramente a nostro vantaggio che però bisogna saper sfruttare bene. Non possiamo ma perdere la loro stima semplicemente dicendo non lo so, scopriamolo insieme, insegnamelo tu, tu come lo faresti, ecc…
Quanto detto fino adesso riguarda particolarmente la figura genitoriale ma i bambini raggiunta una certa età iniziano a frequentare la scuola e la figura adulta di riferimento, in questo contesto, inizia ad essere l’educatore-insegnate.
Anche per l’educatore è importante più che mai una buona capacità di ascolto attivo:
• perché in quel contesto non si relaziona solo con un bambino;
• perché non rischi di entrare involontariamente in conflitto con l’azione educativa della famiglia nello sviluppo della persona;
• per costruire con la famiglia un’azione comune nella soluzione di problemi che il bambino non riesce ad affrontare e sostenerlo nella crescita verso l’autonomia.
Spesso sono proprio gli educatori-insegnanti che si accorgono di certe problematiche che si manifestano nei bambini che potrebbero essere causate da atti comunicativi poco adeguati che si sviluppano nelle relazioni familiari.
È importante che in questo caso mettere da parte la paura del giudizio (genitori si diventa non si nasce) per iniziare una collaborazione fattiva con gli educatori-insegnati nell’interesse del bambino prima di tutto ma anche nell’interesse di tutta la famiglia.
Dopo quanto detto in merito alla relazione tra bambino e figura adulta di riferimento, affinché il bambino possa sviluppare un’autostima che lo faccia sentire adeguato in ogni contesto in cui si troverà nella vita, è sicuramente importante sviluppare una relazione significativa che si basa su dei punti essenziali:
• porsi in ascolto attivo col bambino mentre ci esprime il suo problema;
• porre attenzione alle sue emozioni insegnandogli a riconoscerle e darle un nome;
• riassumere con lui quanto ci ha riferito, confermando l’ascolto attivo, senza giudicare e senza dare soluzioni a priori
• stimolare nel bambino il ragionamento finalizzato a sviluppare ipotesi risolutive del problema
L’aspetto emotivo è fondamentale nelle relazioni genitoriali, spesso i figli non parlano dei loro problemi perché hanno paura di far soffrire i propri genitori o di deluderli e i genitori percepiscono impotenti l’infelicità del figlio.
Questo determina in loro altra sofferenza, sensi di colpa immotivati tutto sembra sfuggire dal controllo peggiorando le relazioni e la sofferenza della famiglia.
È importante quindi ascoltare quello che i figli non ci comunicano verbalmente ma emotivamente.
Spesso per i figli ricevere fiducia da parte dei genitori è un modo per essere compresi.
Quando non ci sono ragionevoli condizioni di pericolo per i figli, sapere che i genitori non temono per loro perché loro sono in grado di farcela, è un messaggio molto importante che essi si aspettano, essendo consapevoli del fatto che non sono soli e che possono contare sempre sulle figure di accudimento, come un punto di riferimento stabile che in caso di bisogno loro possono sempre trovare.
Questo consentirà loro di esplorare il mondo con sicurezza e serenità, a diventare autonomi, indipendenti e sicuri di sé, sviluppando un’autostima funzionale, a vivere adeguatamente tutti i contesti che incontreranno nel corso della loro vita; una vita serena e piena di relazioni sociali.
Vanni Pippi