UN FENOMENO INVISIBILE DI ISOLAMENTO: LA SINDROME HIKIKOMORI
Pubblicato in data 06/11/2021

Spesso sentiamo parlare di un particolare fenomeno ancora non molto conosciuto, è un fenomeno definito di isolamento sociale e più propriamente indicato con un termine giapponese: “hikikomori”, che significa appunto “stare in disparte”.
Questo fenomeno definito in clinica come “sindrome di hikikomori” è un fenomeno “invisibile”, come lo sono le persone, perlopiù adolescenti, che ne vengono colpiti, è caratterizzato dalla solitudine e reclusione volontarie. L’isolamento costituisce una sorta di difesa in quanto la persona percepisce il mondo esterno come ostile.
Viene definito invisibile perché le persone che ne vengono colpite si rinchiudono tra le quattro mura della propria camera da letto rifiutandosi di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali.
Nella loro stanza leggono, disegnano, dormono, giocano con i videogiochi oppure navigano su Internet.
Il fenomeno è poco conosciuto, ma non è stato scoperto di recente. Il primo ad individuare questa “sindrome sociale” è stato lo psichiatra giapponese Tamaki Saito nel 1998, quando difronte al primo caso lo definì inizialmente come “Sindrome di Apatia”.
Egli individuò questo “fenomeno” basato sull’autoreclusione, che colpiva i giovani adulti per un periodo pari o superiore a 6 mesi, i quali non avevano alcun tipo di relazione sociale e non svolgevano nessun tipo di attività sociale.
Quali sono le caratteristiche principali dell’Hikikomori?
Come abbiamo detto l’hikikomori è un meccanismo di difesa che viene messo in atto dalla persona come risposta alle crescenti pressioni di realizzazione sociale, ed in particolare da coloro che appartengono a società capitalistiche più sviluppate.
Le pressioni che possono nascere sulla persona possono essere diverse, ad esempio dovute agli ottimi risultati scolastici, alle realizzazioni personali o al raggiungimento di obiettivi molto elevati e poco realizzabili, per questo la persona si trova ad affrontare una sfida enorme, cioè colmare questo divario che si crea tra realtà e aspettative; dei genitori, educatori-insegnanti e amici.
La mancata riuscita nel colmare questo divario troppo ampio, determina nella persona situazioni di impotenza e fallimento e scatta così il rifiuto per tutto ciò che ha creato queste aspettative e questa sfida; scatta il rifiuto sociale!
La persona si crea una sua zona di confort e per paura di abbandonarla si immerge in un completo isolamento sociale chiudendosi nella propria stanza per periodi molto lunghi e sviluppa un profondo desiderio di stare sola e una generale apatia verso gli altri.
L’isolamento inizia gradualmente, chiudendo tutti i canali di comunicazione, si chiude per giorni in camera, poi per settimane e così via, fino a trascorrere da sola anni interi.
Le persone con la sindrome dell’isolamento sociale hanno contatti con il mondo esterno solo mediante i dispositivi elettronici e nelle forme più gravi non sviluppano neanche questo canale di comunicazione.
Quali sono i primi segnali di un hikikomori?
I primi segnali arrivano generalmente nel periodo adolescenziale e i momenti critici li possiamo fissare in due momenti diversi e significativi: inizio e conclusione della scuola secondaria superiore.
All’inizio della scuola superiore, in questa particolare fase della vita, per l’adolescente si apre il primo vero confronto con i nuovi compagni e con i nuovi professori che dovrà durare per cinque anni, successivamente alla conclusione del percorso di istruzione invece, si trova a dover affrontare la scelta fondamentale che dovrà segnare il suo percorso di vita (lavoro? Università? Ecc..)
Dalle assenze a scuola sempre più frequenti e prolungate può derivare un importante segnale di avvertimento nei casi di hikikomori.
Altri segnali di allarme possono essere:
• l’alterazione dei ritmi circadiani, fino ad arrivare all’inversione del ritmo sonno-veglia
• l’auto-reclusione, nella propria camera da letto
• trascuratezza nell’igiene personale
• preferenza nello svolgere attività solitarie
Hikikomori provoca oscillazioni biologiche dell’organismo, ad esempio le persone dormono il giorno passando la notte ai videogiochi. Consumano i pasti fuori orario senza controllo alimentare, mangiano cibi precotti o scatolati ed in modo veloce.
L’autoreclusione nella propria camera da letto li porta a trascurare l’igiene personale, accumulando rifiuti intorno a sé, la repulsione verso la società è così forte che non escono neanche a gettare i rifiuti. Le uniche attività che vengono svolte dalla persona sono solo quelle solitarie.
Quali sono le cause che spingono a diventare hikikomori?
Le cause possono essere diverse e ancora non ben definite del tutto. Sicuramente alla base c’è una fragilità per la quale la persona prova dolore e disagio sociale in certe situazioni e contesti, le cause quindi possono essere: sociali, scolastiche, familiari e caratteriali.
Dagli studi effettuati alcune ipotesi affermano che sia la tecnologia a far perdere a queste persone il contatto con la realtà, mentre altri ritengono che a dar luogo a questo fenomeno siano fattori socio-economici oppure le eccessive pressioni da parte della famiglia, dovute alle aspettative che i genitori possono avere nei confronti dei propri figli. Questo tipo di aspettative induce i figli in una prima fase ad interrompere la comunicazione coi genitori e in una seconda fase anche con il mondo esterno.
I ragazzi hikikomori sono molto intelligenti, sensibili e allo stesso tempo introversi, questi aspetti caratteriali impediscono loro di stabilire rapporti duraturi con gli altri e di affrontare difficoltà con costanza e tenacia nonché di superare con efficacia le delusioni che si possono presentare nella vita di tutti i giorni.
Per quanto riguarda l’ambito familiare, ad esempio nelle esperienze nipponiche, si registra come causa l’assenza emotiva del padre e l’attaccamento eccessivo che viene sviluppato con la madre.
È probabile che la sola mancanza affettiva di un genitore e l’eccessivo attaccamento all’altro, al di là del genere, possa sempre costituire una causa per l’insorgere di un disturbo hikikomori.
Come abbiamo detto Il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d'allarme dell'hikikomori. L'ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo e la persona tende all’isolamento. Dietro questi comportamenti spesso si cela una storia di bullismo.
Anche per quanto riguarda le cause legate agli aspetti sociali, abbiamo già accennato in apertura di articolo come gli hikikomori abbiano una visione una visione molto negativa della società, dovuta particolarmente alle pressioni inerenti la realizzazione sociale derivanti dalla stessa società in cui vivono. Tali pressioni assumono livelli così elevati da far ripudiare loro la stessa società.
A fronte di ciò i loro coetanei continuano la loro vita, sociale e di studi fino a realizzarsi socialmente e professionalmente e questo fa si che gli hikikomori rifiutino sempre di più il confronto con gli altri.
Hikikomori non è una patologia!
Spesso hikikomori viene scambiata come psicopatologia. Gli specialisti preparati a trattare questa sindrome ancora non sono molti e può capitare che questa sindrome venga scambiata con:
- internet gaming disorder, dipendenza da videogiochi on-line. Come abbiamo detto in precedenza questa sindrome è stata individuata nel 1998, i video giochi on-line hanno avuto il loro esordio intorno al 2000, per cui gli hikikomori non dialogavano con l’esterno neanche in forma digitale e vivevano un isolamento totale. Oggi quantomeno la connessione on-line consente loro di avere un canale di comunicazione aperto.
- depressione: come premesso hikikomori non è una patologia, è quanto è stato stabilito dal Ministero della salute giapponese, quindi definirla tale sarebbe una “semplificazione” e trattarla con i farmaci in una fase iniziale risulterebbe inutile. Il ritiro iniziale non ha origine da nessun tipo di patologia o disturbo mentale all’origine.
- fobia sociale, agorafobia: abbiamo detto che hikikomori non è una patologia, quindi non può essere trattata come un disturbo d’ansia. E’ vero che c’è un rifiuto della società ma anche in questo caso alla base non c’è nessun disturbo a determinare il fenomeno.
Tuttavia dopo un lungo isolamento la sindrome hikikomori può condurre il soggetto alla dipendenza da videogiochi o alla paura ad uscire di casa, ma queste possono essere conseguenze e non le cause.
Come aiutare un hikikomori?
Non sono molti gli specialisti preparati a trattare questa sindrome, tuttavia vari studi hanno dimostrato che è efficace un lavoro psicoeducativo individuale, basato sulla famiglia, cioè dove la famiglia acquisisce un ruolo centrale rispetto la definizione e risoluzione del problema.
Un primo aspetto riguarda sicuramente le aspettative che la famiglia ha sul figlio: è bene che i genitori sostengano le scelte del figlio per trovare la sua strada, la sua realizzazione, la sua serenità, evitando di imporre le proprie scelte ritenendole le sole giuste per lui. Aiutarlo quindi vuol dire sostenerlo secondo i suoi desideri, le sue aspirazioni.
Tuttavia c’è sempre un limite a questo aiuto, va bene con le parole, con i fatti nel caso in cui deve essere protetto da i pericoli, ma le scelte dovranno essere sempre di nostro figlio è importante che si assuma sempre le responsabilità delle proprie scelte.
Rispetto ad una sindrome hikikomori i genitori, come abbiamo detto, è giusto che aiutino il proprio figlio, ma bisogna stare attenti a non avere effetti opposti a quelli desiderati. Il modo di agire non deve generare nuove pressioni altrimenti si spinge il soggetto ad ulteriore isolamento.
È comprensibile che qualsiasi genitore voglia vedere il proprio figlio uscire rapidamente da uno stato di malessere, ma difronte a questi casi è richiesta molta pazienza, bisogna saper aspettare proprio per il bene di nostro figlio.
Hikikomori rappresenta il sintomo di un problema, non è il problema, quindi la soluzione non sta nel convincere il soggetto ad uscire di casa. La cosa fondamentale è non trascurare questi aspetti, legati a comportamenti specifici di isolamento sociale, in quanto l’isolamento non è solo fisico ma è anche e soprattutto psicologico.
Dott. Vanni Pippi